March 01, 2003

Sanzioni pecuniare più severe per chi truffa il servizio sanitario nazionale; una task force che affiancherà i Nas e la Guardia di Finanza per i controlli nelle regioni; multe raddoppiate per chi infrange i divieti sul fumo.



Questi i principali provvedimenti inseriti del decreto-legge antitruffa approvato oggi dal Consiglio dei ministri.


Il provvedimento concernente «Disposizioni urgenti per il perseguimento di illeciti nel settore sanitario», interviene nella normativa vigente per rendere più severe le sanzioni attualmente previste e per rafforzare il controllo sul territorio nei vari settori della sanità, a tutela della salute dei cittadini e del funzionamento del Servizio sanitario nazionale.



Il Decreto, informa il ministero della salute, introduce nell'ordinamento sanzioni amministrative pecuniarie minime di 50 mila euro, che possono arrivare fino a venti volte il prodotto, il profitto o il prezzo della violazione, per quei professionisti del Servizio sanitario nazionale, dipendenti e convenzionati, «che effettuano prescrizioni farmaceutiche o diagnostiche non pertinenti con la malattia del paziente ovvero richiedono in violazione di legge o di regolamento rimborsi inappropriati, determinano ingiustificati ricoveri ospedalieri o assumono impegni contrattuali e obbligazioni, cagionando un danno alle Asl e agli ospedali».


Le somme incassate con le multe saranno utilizzate per la riduzione delle liste di attesa principalmente nella Regione dove è avvenuto l'illecito.


A conclusione del procedimento, sarà effettuata comunicazione ai competenti ordini e collegi professionali affinchè valutino l'ipotesi di sospensione dellþesercizio della professione o la radiazione dall'albo del professionista.



Il Decreto legge inasprisce anche le sanzioni amministrative pecuniarie sugli abusi della pubblicità in materia sanitaria e, in particolare, di quella relativa agli informatori scientifici, prevedendo multe da un minimo di 5 mila a un massimo di 30 mila euro.


Per quanto riguarda il Codice penale, spiega il ministero della salute, è inserita una specifica circostanza aggravante nell'articolo 640 per le truffe commesse dagli operatori del settore in danno del Servizio sanitario nazionale: è notevolmente aumentata la pena pecuniaria ed è resa obbligatoria la confisca dei beni connessi con il reato.


Il provvedimento che definisce il giudizio sarà comunicato al competente ordine o collegio professionale che, valutati gli atti, dispone la radiazione dalla professione del responsabile.


Sul piano dei controlli, il Decreto legge costituisce una task force di specialisti facenti capo al Ministero della Salute che affiancherà i carabinieri dei Nas nell'attività di controllo dell' applicazione dei Livelli essenziali di assistenza e la Guardia di Finanza nell'accertamento di reati a danno del Servizio sanitario nazionale, inclusa la corretta rappresentazione dei Drg (Diagnosis Related Groups) alle Regioni.


Infine sono raddoppiate le multe per chi infrange i divieti di fumare, l'importo minimo passa da 25 euro a 50 euro, il massimo da 250 a 500. I responsabili del rispetto divieto rischieranno invece da 300 a 3000 euro, contro le multe attuali che vanno da 200 a 2000.

LA FABBRICA DEGLI ANTICORPI

Un gruppo di ricercatori dell'Università Vita-Salute San Raffaele, in collaborazione con l'Università di Utrecht, ha ricostruito il meccanismo con cui i linfociti si organizzano per fabbricare in gran numero gli anticorpi.
a cura di: Laura Arghittu (I.S.U.S.R.)
Un gruppo di ricercatori dell'Università Vita-Salute San Raffaele, in collaborazione con l'Università di Utrecht, ha ricostruito la catena di eventi che porta alla genesi della "fabbrica" cellulare degli anticorpi e ne ha individuato i meccanismi genetici.
Mediante sofisticate tecniche (analisi proteomiche) i ricercatori hanno identificato alcune componenti essenziali della catena di montaggio che i linfociti attivano per prepararsi alla produzione degli anticorpi. Quando l'organismo ne ha bisogno il linfocita infatti si organizza e giorno dopo giorno allestisce tutto il necessario per agire e, dopo aver prodotto gli anticorpi necessari a combattere gli agenti patogeni, smantella la fabbrica.

Gli anticorpi sono una delle armi di cui il nostro sistema immunitario dispone per difenderci dalle infezioni. Queste molecole sono in grado di riconoscere ed inattivare con straordinaria precisione gli agenti patogeni (virus, batteri etc.).
Se, ad esempio, ci ammaliamo di influenza, gli anticorpi prodotti attaccheranno il virus influenzale, ma non ci difenderanno dal morbillo o dalla rosolia.
Ancor più importante è che gli anticorpi non riconoscano componenti del nostro stesso organismo. Quando ciò accade, si generano gravissime malattie, chiamate autoimmuni.
Oltre che inutile, quindi, può essere molto pericoloso produrre anticorpi prima di venire a contatto con un agente patogeno.

"Nel nostro organismo circolano centinaia di miliardi di linfociti, ognuno in grado di riconoscere uno specifico agente patogeno" - commenta Roberto Sitia, docente di Biologia molecolare dell'Università Vita-Salute San Raffaele e coautore dello studio - "I linfociti sono piccole cellule, essenzialmente inattive fino al momento in cui incontrano il proprio bersaglio, una cellula malata o un aggressore esterno. Riconosciuto il pericolo, i linfociti vanno incontro ad una vera e propria metamorfosi, scatenandosi nella produzione di anticorpi: da attente sentinelle si trasformano in autentiche macchine da guerra, in grado di dispiegare al secondo migliaia "truppe di soldati", gli anticorpi, con il compito di attaccare e annientare il nemico."

"Questo cambiamento di mansioni si accompagna ad un completo mutamento della forma dei linfociti" - continua Sitia - "caratterizzato dallo sviluppo delle strutture essenziali alla fabbricazione, al confezionamento e infine al rilascio degli anticorpi.
La comprensione dei processi cellulari necessari per la produzione di anticorpi è una tappa cruciale per poter sintetizzare in vitro queste straordinarie molecole, fondamentali per la difesa dell'organismo dagli attacchi di qualsiasi malattia."

Lo studio è stato finanziato da Telethon, dall'Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro, dal Ministero della Ricerca - Centro di eccellenza in Fisiopatologia della differenziazione cellulare e dall'Unione Europea.


Studio pubblicato su Immunity, febbraio 2003

Eelco van Anken (1), Edwin P. Romijn,(2), Claudia Maggioni (1), Alexandre Mezghrani (3), Roberto Sitia (3), Ineke Braakman (1) e Albert J.R. Heck (2)

1) Department of Bio-organic Chemistry-1, Bijvoet Center Utrecht University
2) Department of Biomolecular Mass Spectrometry Bijvoet Center and
Utrecht Institute for Pharmaceutical Sciences Utrecht University
3) Università Vita-Salute San Raffaele e Dipartimento di Biotecnologie - Istituto Scientifico San Raffaele, Milano

Per consultare lo studio, vai al sito di ,Immunity (in inglese)


Seicentomila a letto in 7 giorni
L'influenza raggiunge il picco

ROMA — Sono seicentomila gli italiani che la settimana scorsa hanno preso l'influenza. Secondo i dati dell'Istituto superiore di sanità, l'ondata epidemica è al picco: colpisce di preferenza bambini e adolescenti (26,14 per mille abitanti) e risparmia gli over 65, che hanno preso da tempo la buoba abitudine di vaccinarsi. Dice Isabella Donatelli, ricercatrice dello stesso Istituto: «Alcuni dei virus influenzali circolanti possano variare, ma la loro diffusione è graduale, il che può comportare una riduzione ma non un annullamento dell'efficacia della vaccinazione».
Da Napoli giunge invece notizia di una morte ancora tutta da chiarire, forse imputabile a choc anafilattico. Salvatore Gravina, 24 anni, operaio di Melito è stato trovato agonizzante nel sonno. Da qualche giorno soffriva di quella che sembrava una banale influenza. La curava da sé: stando a riposo e cercando aiuto nelle compresse di Tachipirina e di VivinC. L'autopsia dovrà ora accertare l'esatta causa del decesso: le confezioni di medicinali, nel frattempo, sono state messe sotto sequestro per essere sottoposte a test di laboratorio.
La tragedia è avvenuta nella notte tra martedì e mercoledì. Il ragazzo, che viveva nella casa paterna con i quattro fratelli maschi e i genitori, era a letto con le coperte tirate fin sulla testa, come d'abitudine. Da lunedì era in malattia, piegato dai sintomi del virus. Poco dopo l'una di notte, il sonno dei fratelli è stato interrotto dai lamenti di Salvatore, già agonizzante. Svegliati i genitori, la corsa in auto verso l'ospedale di Giugliano. «L'ultimo respiro lo ha dato in macchina», dice il fratello. I medici hanno tentato invano di strappare Salvatore alla morte. «Non è stato possibile effettuare la diagnosi del decesso», si legge nel referto. L'autopsia, annunciata per oggi al primo Policlinico di Napoli, dovrà stabilire di cosa sia morto il ragazzo. E se si possa stabilire una relazione tra il decesso e l'assunzione delle medicine. «Potrebbe trattarsi — ipotizza Aldo Rubino, direttore dell'Asl Napoli 2 — di ipersensibilità individuale verso uno dei farmaci assunti».


Agente cancerogeno in snack e patatine


Alta densità di acrilammide in molti alimenti in commercio. La denuncia del Salvagente. Imputati i Bahlsen e le chips di McDonald's.


ROMA - Un probabile agente cancerogeno per in molti alimenti e snack normalmente in commercio. Questa la denuncia del settimanale Il Salvagente , che, nel numero in edicola questa settimana, presenta i risultati della prima analisi italiana sull'acrilammide. Un lavoro realizzato per conto della rivista dei consumatori dal Laboratorio della Camera di commercio di Torino. A finire sotto i microscopi 17 confezioni industriali, tra patatine, chips, fette biscottate e corn flakes. Per tutte è stato calcolato il contenuto in acrilammide, sostanza classificata in classe 2A (tra i potenziali cancerogeni per l'uomo) da parte della Iarc, l'agenzia internazionale per la ricerca sul cancro. Una molecola per la quale la legge italiana impone un severo limite nelle acque potabili: 0,1 microgrammi al litro.

I risultati del test bocciano patatine e chips, che superano di migliaia di volte il tetto precisto per l'acqua nel nostro paese. Una confezione "media" (attorno ai 90 grammi) di patate fritte di MacDonald's, per esempio, contiene circa 50 microgrammi di acrilammide, 500 volte più che un litro d'acqua. Un "tubo" da 100 grammi di patatine Bahlsen, invece, arriva a 160 microgrammi, quanto quelli che la legge permetterebbe di assumere, al massimo, bevendo 1600 litri di acqua. Il test, però, fornisce anche notizie confortanti per gli amanti di fette biscottate e corn flakes, che escono pienamente assolte dall'accusa di ospitare acrilammide.

L'acrilammide fino a qualche mese fa non avrebbe detto nulla al grande pubblico. A cambiare le carte in tavola, ci ha pensato la Swedish national food authority, l'istituto pubblico di controllo sugli alimenti, nell'aprile 2002, che ha denunciato la presenza del pericoloso composto in numerosi cibi, cotti ad alte temperature. Un allarme che ha messo in subbuglio prima gli esperti poi i consumatori, dato che riguardava alimenti difusissimi sulle tavole di tutto il mondo. Le patatine fritte, per esempio, tanto quelle in busta che quelle servite dai fast food, ma anche i biscotti, il pane tostato, i cereali e il caffè. Alimenti normalmente associati a diete squilibrate, come i fritti, già oppressi da più di un'accusa, dunque, ma piatti che nessun consumatore guardava fino a quel momento con sospetto.

La Iarc, l'agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, in realtà, lo aveva classificato nel 1994, nel gruppo 2A, insieme ad altre sostanze ad alto rischio. E da imporre un severo limite nelle acque potabili, l'unica fonte alimentare considerata a rischio fino allo studio svedese: 0,5 microgrammi al litro (secondo le raccomandazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità) e 0,1 microgrammi per litro, secondo la legge italiana. Dopo gli studi realizzati da Olanda, Norvegia, Svizzera, Regno Unito e Stati Uniti, pare accertato che l’acrilammide si formi durante la cottura di alimenti ricchi di zuccheri e di asparagina (un amminoacido caratteristico delle proteine), quando è presente nel cibo un basso contenuto di acqua.

A finire sotto accusa, insomma, secondo il Salvagente, rimangono patatine e chips. Quelle in busta, ad esempio, mostrano un contenuto di acrilammide circa 3mila volte superiore a quello permesso per l'acqua potabile. A rispondere dovranno essere gli scienziati, spiega il Salvagente, la considerazione che segue è però "preoccupante": un pacchettino piccolo di patatine da 45 grammi, che un bambino consuma interamente, contiene in media 13,5 microgrammi di acrilammide, 135 volte oltre il massimo permesso per un litro d'acqua. Una confezione "media" (attorno ai 90 grammi) di patate fritte di MacDonald's, invece, ne contiene circa 50 microgrammi, 500 volte più che un litro d'acqua. Per un tubetto da 100 grammi di chips Bahlsen, arriviamo a 160 microgrammi, quanto quelli che la legge permetterebbe di assumere, al massimo, bevendo 1600 litri di acqua. Davvero troppo, a meno di non dimostrare che non aveva alcun senso l'allarme e le conseguenti restrizioni adottate per le acque.


NUOVO STRUMENTO DIAGNOSTICO CREATO DA GALILEO AVIONICA
L´apparecchio consente di rivelare in modo precoce e non invasivo stati infiammatori, lesioni muscolari e formazioni tumorali


Si chiama «TRIMprob» e arriva dalla più sofisticata tecnologia militare, ma servirà a difendere solo la salute. E´ un nuovo strumento diagnostico portatile e non invasivo che consentirà di evidenziare in tempo reale e in maniera precoce diverse patologie, dagli stati infiammatori alle formazioni tumorali. A realizzarlo è stata la Galileo Avionica, società di Finmeccanica che opera nel campo della difesa e produce sistemi avionici ed elettro-ottici, equipaggiamenti spaziali per piattaforme e satelliti. Il «TRIMprob» (Tissue Resonance Interfero-Meter Probe) è uno strumento di semplicissimo utilizzo, che consente di esaminare le diverse aree del corpo umano in pochi minuti, senza la necessità di rimuovere gli indumenti e senza provocare il minimo disagio per il paziente. L´apparecchiatura è composta di una sottile sonda cilindrica lunga circa trenta centimetri alimentata a batterie e di un ricevitore. Un software elaborato da Galileo Avionica acquisisce e legge i dati diagnostici. Lo strumento emette un debole segnale elettromagnetico, che si autosintonizza su frequenze caratteristiche delle strutture esaminate. Il segnale è in grado di scovare negli organi e nei tessuti diverse patologie e tumori. Quando il campo elettromagnetico incontra un aggregato in stato biologico alterato, infatti, si innesca un fenomeno di interferenza con la struttura in analisi. Il fenomeno consente di identificare neoplasie, fibromi, calcificazioni, stati infiammatori, problemi circolatori, lesioni osteo-articolari, muscolari e tendinee. Interamente sviluppata in italia, l´apparecchiatura è basata su tecnologia HSM (Hybrid State Maser). Una tecnologia ideata dal fisico Clarbruno Vedruccio che offre notevoli prospettive di sfruttamento sia per applicazioni militari sia per la sicurezza nazionale, in quanto può essere utilizzata nella individuazione di materiali e ordigni esplosivi, oltre che per esaminare lo stato di salute di tessuti e organi umani. Le prime esperienze sono state infatti condotte sulla ricerca di disomogeneità nel terreno, per localizzare ordigli esplosivi interrati. Per valutare la capacità diagnostica dello strumento sono state condotte diverse sperimentazioni in particolare su prostata, mammelle e stomaco-duodeno, che hanno fornito risultati decisamente promettenti. Così la commercializzazione dei primi esemplari di «TRIMprob», specifici per la prostata, è prevista per la prossima esate. Nuovi esperimenti sono in corso su fegato e polmone, mentre a breve saranno attivati studi per cuore, tiroide, utero e pancreas.
Un "malato virtuale" per studiare il dolore



L'Interactive Patient funziona un pò come un videogame e mette alla prova il medico con domande precise. In caso di errore, si torna indietro di un livello. «Ma la vera novitá - sottolinea Marchettini - è la presenza sul pc dei malati virtuali che, simulando una visita vera, raccontano al medico la loro storia e descrivono i sintomi. Così insegnano ai giocatori a fare le domande giuste per arrivare a comprendere il problema». Vediamo, ad esempio, una donna di mezza etá con un lavoro sedentario e da poco sottopostasi ad un intervento chirurgico, spiegare i suoi mali a un dottore altrettanto virtuale.

«Ascoltare il paziente è il modo migliore per riconoscere un dolore neuropatico», assicura Marchettini. Non a caso il programma, messo a punto in collaborazione con la Pfizer, è destinato per il momento agli ortopedici. «Con l'obiettivo di spingere gli addetti alla salute delle ossa a risparmiare i nervi nei loro interventi. Ma anche a riconoscere i possibili problemi dei pazienti e a trattarli in modo adeguato». Questo tipo di dolore, dovuto alla lesione dei nervi, si può infatti curare nel 70% dei casi. «Le cause più frequenti possono essere malattie come il diabete o il fuoco di Sant'Antonio, ma anche interventi chirurgici - precisa l'esperto - quando le cicatrici 'strozzanò il nervo che non riceve più un flusso adeguato». Anzi, un 1/3 dei dolori neuropatici sono causati proprio dalla medicina. «Oltre alle oprazioni, anche la chemio e la radio possono scatenare questo tipo di sofferenza».

February 27, 2003

Vogliamo un mondo basato sulla giustizia e sulla solidarietà.


Ripudiamo la violenza, il terrorismo e la guerra come strumenti per
risolvere le contese tra gli uomini, i popoli e gli stati.


Chiediamo che l'Italia, di fronte alla minaccia di un attacco militare
contro l'Iraq, non partecipi ad alcun atto di guerra, nel rispetto
della Costituzione.


Non vogliamo essere corresponsabili di nuovi lutti, né vogliamo
alimentare la spirale del terrore.


Basta guerre, basta morti, basta vittime.






http://www.emergency.it/appelli/pace.shtml

GUERRA: Portali d'informazione


http://www.informationguerrilla.org/iraq_verso_la_3_guerra_del_golfo.htm
http://www.whatreallyhappened.org (inglese)
http://www.indymedia.it






PACE.



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Manteniamo giovane il cervello


Si pensava da tempo che nel cervello delle persone adulte le cellule fossero incapaci di formare nuovi legami o sinapsi.
I ricercatori del Cold Spring Harbor Laboratory (NY) sono giunti a conclusioni opposte che possono influire sull’evoluzione della neuroscienza e sul trattamento dei danni cerebrali.
I neuroni ricevono sollecitazioni da altri neuroni tramite i loro dendriti. Su questi si sono osservate sottili protrusioni chiamate “spines” che si allungano e retraggono in intervalli di dieci minuti durante lo sviluppo della corteccia cerebrale.
Precedenti osservazioni avevano rilevato che questi cambiamenti non avvengono nel cervello adulto.
Questa nuova ricerca ha utilizzato in modelli animali una proteina fluorescente che e’ associata ai dendriti e che ha invece evidenziato al microscopio elettronico l’apparire e scomparire delle “spines” che hanno una funzione simile alle sinapsi.
L’influenza dell’ambiente esterno determina la velocita’ del processo.Questa scoperta indica come i processi cognitivi possano continuare a modellare e reintegrare la comunicazione anche nelle cellule cerebrali di persone adulte.
Drug Discovery Today Vol.8,Febbraio 2003

February 24, 2003

Verdure contro l'Alzheimer
Due diversi studi si soffermano sull'associazione fra diverse diete e il rischio di sviluppare la malattia


Una dieta ricca di grassi non saturi e non idrogenati, come prodotti vegetali e alcuni oli, può essere di grande aiuto per abbassare il rischio di contrarre il morbo di Alzheimer. Le vitamine antiossidanti, invece, non hanno un effetto altrettanto protettivo. Lo affermano due diversi studi americani pubblicati sul numero di febbraio della rivista "Archives of Neurology".
Nel primo studio, medici del Rush-Presbyterian-St. Luke's Medical Center di Chicago hanno esaminato 815 pazienti oltre i 65 anni che, all'inizio della ricerca, durata quattro anni, non presentavano sintomi di Alzheimer, il disturbo che porta alla perdita della memoria e all'incapacità fisica. I soggetti erano tenuti a riferire con precisione le proprie abitudini alimentari. Al termine dello studio, i ricercatori hanno scoperto che 131 persone avevano sviluppato la malattia.
Coloro che consumavano abitualmente i grassi più saturi, quelli che provengono da carne, pollame e prodotti caseari, avevano 2,3 volte più probabilità di sviluppare l'Alzheimer rispetto agli altri. Le ragioni, tuttavia, restano poco chiare e lo studio non spiega i motivi per cui differenti tipi di grassi sono associati a valori diversi di rischio.
Nel secondo studio, ricercatori della Columbia University di New York hanno concluso che le diete che contengono carotene e vitamine C ed E non sono associate con un rischio di Alzheimer ridotto. La questione era sorta perché sembra che gli antiossidanti - vitamine e altri nutrienti presenti nel cibo - riducano il danno cellulare causato dai radicali liberi, piccole particelle del metabolismo che possono danneggiare i neuroni e forse condurre all'Alzheimer.
La ricerca, che ha coinvolto 980 pazienti, non ha mostrato correlazione fra il consumo di carotene e di vitamine A ed E e lo sviluppo o meno della malattia.


© 1999 - 2003 Le Scienze S.p.A


Primo trapianto di faccia, su una quattordicenne

Con i tessuti di un cadavere. Lo psicologo: necessario un test per evitare lo choc

LONDRA

Guardarsi allo specchio e vedere la faccia di un morto incollata sulle ossa del proprio viso finora era materia da thriller cinematografico. Ma adesso una ragazzina irlandese di 14 anni, sfigurata da un incendio quando era bambina, si è offerta volontaria per il primo trapianto facciale del mondo. Il professor Peter Butler, chirurgo plastico al Royal Free Hospital di Londra, ha messo a punto una tecnica che permette di prelevare le sembianze di un cadavere a quattro ore dal decesso e sottoporrà la paziente a una serie di test psicologici nelle prossime settimane. Altre tre candidate sono già in lista d'attesa, tutte deturpate da terribili ustioni: un'americana, una ragazza inglese di vent'anni e una donna turca. La prima cosa che si tratterà di stabilire è se la quattordicenne irlandese, che aveva dato fuoco a un´automobile giocando con i fiammiferi all´età di due anni, sarà in grado di superare il trauma che potrebbe venirle da un nuovo senso della propria identità. In ogni caso, il paziente non assumerà le sembianze esatte del donatore, perché ogni individuo ha una struttura ossea diversa. Il professor Butler, che è in competizione con un'equipe di medici americani nella corsa al primo trapianto facciale del mondo, ha sempre detto che ci vuole un dibattito pubblico che affronti quella che lui considera una radicata resistenza al concetto di una persona vivente «che cammina con la faccia di un morto addosso». L'operazione dovrà essere approvata da un comitato etico presieduto da Simon Weston, veterano della guerra delle Falkland che ha subito ustioni al 46% del corpo. La tecnologia, spiega Butler al «Sunday Times», c'è già, ed è un´appendice «diretta e naturale delle procedure per il trapianto di organi: il rischio di fallimento si aggira intorno al 4 o al 6 per cento, forse persino meno. Gli ostacoli maggiori sono l'opinione pubblica e i finanziamenti». L'operazione durerebbe 10 ore e costerebbe 50 mila sterline (75 mila euro). A novembre il chirurgo britannico, fra il plauso della comunità medica, aveva annunciato che il primo trapianto facciale sarebbe stato possibile entro sei mesi. La tecnica - spiega il professor Butler - è complessa ma per un verso è tale e quale qualunque altro trapianto di organo, perché la si può realizzare con l'immunosoppressione moderna. Ma è diversa in quanto si tratta di un trapianto visibile, che coinvolge la nostra espressione: è una questione emotiva e funzionale». La procedura di microchirurgia, che era già stata impiegata nel trapianto di pelle da una mano all'altra, prevede la rimozione di muscoli facciali, pelle e grasso sottocutaneo del paziente, che verrebbero sostituiti da quelli di una persona appena morta. I vasi sanguigni e i nervi del donatore verrebbero connessi a quelli del paziente con migliaia di punti microscopici. Con un simile metodo, denominato «busta di pelle», il paziente assumerebbe il colore e la consistenza della pelle, la stessa tonalità delle sopracciglia e le palpebre del donatore. Una portavoce del ministero della Sanità aveva detto che prima di procedere sarà necessario il parere del National Institute For Clinical Excellence. La British Medical Association si è detta a favore di una consultazione che esamini questi punti: «Il primo riguarda la famiglia del donatore: come si sentiranno a sapere che qualcuno prenderà le sembianze del loro caro? Come si sentirà il paziente che riceve il volto? Le nostre apparenze sono parte della nostra identità». Lo psicologo Aric Sigman, che ha condotto una ricerca sul rapporto tra viso e concetto di sé, ha predetto che i trapianti facciali diventeranno una realtà in quanto curativi, ma chi tentasse di abusare della tecnologia medica per ragioni estetiche si farebbe solo del male: «E' un territorio inesplorato. Un trapianto facciale implica un profondo cambiamento di identità». Finora la tecnica sembrava relegata alla finzione di un film come «Face/Off», in cui John Travolta e Nicholas Cage si scambiano la faccia con l'uso della tecnologia laser.
Inattività fisica: rischio grave per la salute


L'OMS lancia un ammonimento: la sedentarietà è la causa principale delle malattie non contagiose. Necessaria più attività fisica. I risparmi sarebbero immensi anche per il bilancio degli Stati.
di Umberto Melotti*

SAINT MORITZ - Bougez pour votre santé! Muovetevi per la salute! È l'ammonimento, lanciato con un motto tradotto in 63 lingue, dalla conferenza internazionale su "Sport e sviluppo", tenuta questa settimana in Svizzera, a Magglingen, in occasione del campionato del mondo degli sport invernali di S. Moritz. L'incontro, promosso dall'OMS (l'Organizzazione Mondiale della Sanità), in collaborazione con varie istituzioni svizzere, ha riunito per tre dense giornate esponenti delle Nazioni Unite e della Croce Rossa, primi ministri e ministri della salute, dell'ambiente e dello sport di moltissimi Paesi, medici e studiosi di igiene, sociologia e antropologia culturale. Il risultato è stato un documento (la Dichiarazione di Magglingen, appunto) che impegna le istituzioni, le organizzazioni e le associazioni dei Paesi partecipanti a operare in favore di un deciso cambiamento di stile di vita degli abitanti non solo del Nord del mondo, ma anche dei Paesi in via di sviluppo, ove avanza una preoccupante sedentarietà.

Secondo l'OMS l'inattività fisica, che si sta espandendo rapidamente nel mondo, è, con la cattiva dieta e il tabacco, una delle principali cause dei decessi dovuti a malattie non contagiose, che rappresentano ormai il 60% di tutti i decessi e arriveranno a rappresentarne, secondo la tendenza in corso, il 73% nel 2020. Gli stessi fattori sono causa del 43% di tutti i disturbi della salute e arriveranno a causarne il 60%. Tale incremento è in gran parte dovuto all'estendersi ai Paesi più poveri di malattie ancora ritenute proprie dei Paesi più sviluppati. L'inattività causa tra il 10% e il 16% dei tumori maligni al seno, al colon e al retto, altrettanti casi di diabete mellito e circa il 22% delle ischemie cardiache.

La combinazione di insufficiente attività fisica, dieta impropria e fumo causa l'80% delle affezioni coronariche precoci. In tutto il mondo il 60% degli adulti non svolgono sufficiente attività fisica e ciò causa in molti casi obesità e sovrappeso.L'obesità che deriva da insufficiente attività causa 300.000 morti all'anno solo negli Stati Uniti e si sta diffondendo sempre più in America Latina, Medio Oriente e Asia. In Cina ci si attende che circa 200 milioni di persone diventino obese entro i prossimi dieci anni. Secondo la conferenza, per migliorare fortemente la situazione basterebbero 30 minuti al giorno di moderata attività fisica (ciò già basterebbe a ridurre del 60% i casi di diabete mellito e a contenere fortemente le affezioni cardiocircolatorie). Ulteriori benefici deriverebbero da dieci minuti di attività fisica ogni ora (basta anche solo salire a piedi le scale o una breve camminata) e da un'attività fisica più intensa 3 volte la settimana, per 20 minuti per i ragazzi e 30 minuti per gli adulti. Per controllare la tendenza all'obesità occorrono invece 60 minuti di attività fisica moderata ogni giorno. I risparmi sarebbero immensi anche per il bilancio degli Stati.

*Università di Roma “La Sapienza”



Farmaci: arrivano quelli "per bambini"


I nostri figli sono curati con medicinali non specifici, che spesso favoriscono reazioni allergiche e controindicazioni. Ora, il ministero vara un elenco di prodotti ad hoc.


ROMA - Almeno nel 60-70 per cento dei casi i bambini italiani vengono curati con farmaci "per adulti". Nel nostro Paese, infatti, non è ancora stata importata la dicitura "per uso pediatrico" che contraddistingue i medicinali adatti a essere somministrati ai bambini.

Un fenomeno che espone i ragazzini sotto i 14 anni a maggiori rischi di reazioni allergiche, o che li8 obbliga a patire più di frequente le controindicazioni registrate nei "bugiardini" dei medicinali.

Spesso, queste vicende, finiscono con un ricovero in ospedale. Ora, grazie al lavoro dell'Istituto Mario Negri di Milano, e del Cuf, la Commissione unica del Farmaco, sta per essere varato il primo prontuario specifico per ragazzi sotto i 14 anni. Una guida che dovrò essere utilizzata dai medici per le proprie prescrizioni e tenuta sotto controllo da farmacisti e infermieri.

Al suo interno verranno descritte le patologie dei piccoli e i principi attivi più adatti ai bambini. Per ora, l'iniziativa è tutta italiana, ma anche l'Europa si sta muovendo in questo senso. Entro l'anno, infatti, Bruxelles varerà un documento simile, nel quale verranno registrate le medicine adatte a un uso "pediatrico". In più verranno incentivate le sperimentazioni delle aziende che tentano di preparare farmaci più graditi ai piccoli. Una politica mutuata dagli Stati Uniti dove le aziende che provano di aver condotto sperimentazioni in questo campo ottengono agevolazioni sulle spese di brevetto.

Di fatto, proprio dall'IsItituto Mario Negri di Milano, i medici mettono in guardia dall'utilizzo di farmaci non specifici sui bambini. "Circa il 70 per cento delle medicine prescritte ai nostri figli non sono supportati da evidenze cliniche che dimostrino sicurezza ed efficacia sui bimbi - spiega al Corriere della Sera Maurizio Bonati, responsabile del laboratorio per la salute del reparto materno-infantile dell'ospedale - stando a un nostro studio almeno il 2 per cento degli interventi su bambini al pronto soccorso dipendono da reazioni a farmaci mal tollerati".


Terapia del dolore: le cure restano nei cassetti

Ha compiuto due anni, ma nessuno se ne è accorto. La legge nata per facilitare la prescrizione degli oppioidi, la n. 12 dell'8 febbraio 2001, necessaria per curare il dolore nei pazienti colpiti da gravi malattie è rimasta praticamente lettera morta.

A parte gli sforzi di pochi volenterosi, i camici bianchi italiani continuano a lasciare dentro i cassetti i nuovi ricettari per gli oppioidi - più semplici e veloci da compilare - o, peggio, non li vanno neppure a ritirare presso le aziende sanitarie. Ma la colpa non è soltanto dei medici.

Ci sono Regioni (Lazio, Sardegna e Veneto) in cui i ricettari addirittura mancano del tutto. Mentre in altre le Asl e gli ospedali fanno ben poco per distribuirli. E anche il ministero della Salute, da cui si attende da tempo un'ampia campagna di informazione, sembra latitare.

Il risultato è che le vendite di confezioni di oppioidi per lenire il dolore sono rimaste pressoché identiche: 2 milioni e 850mila venduti tra il 2000 e il 2001 contro i 3 milioni del 2002. Un lieve aumento, questo, che non deve però ingannare: «I consumi italiani - avverte Claudio Blengini, l'esperto di cure palliative della Società italiana di medicina generale - sono tra i più bassi in Europa e nel mondo e anche questo incremento rivela come la prescrizione sia e rimanga molto bassa».

Insomma, la svolta che tanti pazienti attendevano con l'applicazione della legge non c'è stata: «Abbiamo lavorato tanto per costruire una potente Ferrari - denuncia Oscar Corli, responsabile dell'Unità operativa di cure palliative all'ospedale Buzzi di Milano - ma non siamo in grado o non vogliamo farle superare i 30 chilometri orari».

L'unico piccolo exploit che si è registrato è quello del cerotto di fentanil, le cui vendite sono aumentate del 70 per cento. Successo smorzato, però, dalla leggera diminuzione delle prescrizioni di morfina da assumere per bocca. Sostanza, quest'ultima, considerata dall'Oms (l'Organizzazione mondiale della Sanità) il farmaco di prima scelta nella cura del dolore severo.

Ma a parlare chiaro sulla disattenzione rispetto alle possibilità offerte dalla legge, sono i dati: tra il settembre 2001 (a sei mesi dall'entrata in vigore) e lo stesso mese del 2002 la vendita di confezioni di oppioidi "forti" elencati nella legge dicembre 2001 è cresciuta soltanto di 133.555 unità. Appena 11mila pezzi in più al mese. Un incremento minimo, soprattutto considerando che questi farmaci rappresentano appena un quarto del totale degli altri oppioidi venduti, quelli cosiddetti «deboli» che non richiedono ricettari speciali.

La dimensioni del problema sono ancora più evidenti se si raffronta il mercato di tutti gli oppioidi con quello globale dei farmaci: il primo rappresentava nel 2001 una quota inferiore allo 0,3% dell'oltre 1 miliardo di farmaci venduti all'anno. Rispetto a questa percentuale, gli oppioidi "forti" rappresentano soltanto il 21,7%, pari allo 0,06% del mercato globale. Insomma, una buona legge «facilmente interpretabile - spiega ancora Corli - e priva di rischi per medici e operatori» non basta.

Quello che è mancato - denunciano tutti gli esperti di un settore considerato a lungo una Cenerentola della medicina - è la formazione degli operatori e l'informazione ai cittadini.

A marzo i riflettori si riaccenderanno sulle cure del dolore: dal 5 all'8 Milano ospiterà il congresso organizzato dalla Società e dalla Federazione di cure palliative, mentre il 22 a Dogliani, in provincia di Cuneo, ci sarà una giornata dedicata al «dolore inutile».
(24 febbraio 2003)

Marzio Bartoloni e Barbara Gobbi (da Il Sole-24 Ore del Lunedì)



February 23, 2003

Lea "generosi" soprattutto al Nord


I Livelli essenziali di assistenza sanitaria (Lea) sono ormai attivi praticamente su tutto il territorio nazionale. Secondo l'ultimo check di gennaio dell'apposita commissione interregionale di monitoraggio (la ricognizione finale si farà in febbraio), tutti i governi locali (tranne Trento, Bolzano e la Sardegna) hanno formalmente recepito il Dpcm del 29 novembre 2001 messo a punto dal ministero della Sanità d'intesa con le Regioni.

Anzi, rispetto alle prestazioni parzialmente escluse (assistenza odontoiatrica, densitometria ossea, interventi laser agli occhi e alcune prestazioni di medicina fisica e riabilitativa) o totalmente escluse (chirurgia estetica non per incidenti o malattie, medicine non convenzionali, vaccinazioni non obbligatorie per soggiorni all'estero, certificazioni mediche e altre prestazioni di medicina fisica e riabilitativa), molte amministrazioni locali non hanno stretto i cordoni nell'erogazione e, soprattutto al Nord, le garantiscono comunque a tutti i cittadini.

Numerose Regioni (Piemonte, Valle d'Aosta, Lombardia, Veneto, Friuli, Liguria, Emilia, Toscana, Marche, Umbria e Basilicata) garantiscono, per esempio, gratuitamente il rilascio delle certificazioni di idoneità alla pratica sportiva agonistica, e l'esecuzione dei relativi accertamenti, ai minori e ai portatori di handicap. L'agopuntura è inclusa (a certe condizioni) nei Lea di Piemonte, Valle d'Aosta, Umbria e Toscana; omeopatia e chiroterapia sono garantite in Valle d'Aosta.

Ospedali, Sirchia propone di misurare i successi


Pagelle di qualità agli ospedali italiani. Un sistema "a stellette" su modello inglese, per informare i cittadini sui risultati dei vari centri nazionali e permettere alla popolazione una scelta più consapevole. Così il ministro della Salute, Girolamo Sirchia, rilancia la possibilità di una classifica delle migliori strutture sanitarie del Paese. "Servono criteri di valutazione comune - afferma - perché solo così i cittadini potranno percepire la qualità degli ospedali italiani".

Sirchia ammette che "non è facile, però qualcosa è possibile fare. Per esempio - spiega - si può misurare il tasso di mortalità dei pazienti e la percentuale di esiti positivi della riabilitazione. E' quello che abbiamo fatto per i centri di trapianto, adesso dobbiamo continuare su questa strada".

Il prossimo passo sarà di "mettere su Internet i risultati, i cosiddetti outcomes, delle strutture che operano in altre specialità. Entro l'anno pensiamo di pubblicare i dati degli interventi di bypass orto-coronarico, quindi toccherà alle operazioni di protesi d'anca, credo l'anno prossimo. Infine abbiamo in programma di misurare le prestazioni degli ospedali sugli ictus".