September 03, 2002

BUDAPEST - In arrivo l'insulina spray, che manderà in pensione aghi e fastidiose iniezioni. Il sogno di milioni di diabetici potrebbe diventare realtà fra 3-4 anni: è in fase avanzata di sperimentazione, infatti, il primo dispositivo elettronico per la somministrazione dell'insulina polmonare, prodotta da Novo Nordisk. Superati gli stadi preliminari, comincia proprio oggi, con la visita del primo paziente arruolato, la fase III, anticamera dell'arrivo sul mercato della nuova insulina. L'annuncio arriva dal Congresso della Società europea di studio sul diabete (Easd), che riunisce a Budapest 10 mila specialisti da tutto il mondo.

"I risultati ottenuti finora - sottolinea Kjeld Hermansen, dell'ospedale universitario di Aarhus, in Danimarca, e coordinatore della ricerca - rappresentano un importante passo avanti nell'eccitante cammino verso l'insulina spray, meta dell'impegno dei ricercatori fin dal 1922, quando un paziente diabetico ricevette la prima iniezione di insulina. E provano che il livello di zuccheri nel sangue può essere tenuto sotto controllo anche con le inalazioni di insulina, una valida e più pratica alternativa alle iniezioni".

I diabetologi sono ormai concordi nel riconoscere che il controllo precoce dei livelli di glucosio nel sangue previene o, comunque, ritarda la comparsa delle complicanze legate a questa malattia e le morti premature. Ma il rifiuto della maggior parte dei pazienti verso i tanti 'buchi' che le iniezioni quotidiane di insulina richiedono, rappresenta una barriera all'inizio di una terapia di questi tipo. Attualmente, infatti, la segue circa il 34 per cento dei malati.

Lo studio multicentrico condotto sulla nuova insulina spray ha arruolato 107 non fumatori con diabete di tipo II, di diversi Paesi, divisi in due gruppi: alcuni inalavano l'insulina polmonare 3 volte al giorno, gli altri si sottoponevano invece alle iniezioni. Tutti ricevevano una dose notturna di insulina basale. A registrare il calo più netto della glicemia sono stati proprio i pazienti che avevano usato lo spray e che hanno sofferto, inoltre, di un minor numero di crisi ipoglicemiche.

Ad aiutare i malati nel respirare la giusta dose di insulina, inserita sotto forma di striscia già pronta, è un controllore elettronico di cui è dotato l'inalatore, una sorta di semaforo: la luce rossa indica un'assunzione troppo rapida, il giallo segnala un'assunzione troppo lenta, mentre il verde garantisce che l'operazione è stata svolta correttamente.

La meningite ora non ha più segreti

Il Centro ricerche Chiron, l'Institute for genomic research e l'Harvard medical school hanno reso nota la sequenza del Dna del batterio causa delle forme neonatali.


SIENA - Il batterio usato per la sequenza è isolato in Italia e fornito dalla dottoressa Graziella Orefici dell'Istituto superiore di sanità. Il genoma che è apparso per la prima volta è il primo di un organismo vivente isolato in Italia. Questa informazione, spiega una nota del Centro di ricerche Chiron, apre la strada verso la realizzazione di un nuovo vaccino. Il GBS rappresenta la principale causa di sepsi, polmoniti e meningiti batteriche nei neonati. La ricerca verrà pubblicata su (Proceedings of the National Academy of Sciences of the USA).

Lo Streptococcus Agalactiae, nel 25-40% delle donne sane, colonizza il tratto genitale o gastrointestinale pur non provocando malattie, ma può essere causa di infezioni invasive molto pericolose in soggetti a rischio, quali neonati, donne in gravidanza e adulti portatori di malattie croniche.

Guido Grandi, responsabile del reparto di biochimica e biologia molecolare del Chiron: ''la sequenza del genoma rappresenta un importante risultato e una tappa fondamentale nella storia della medicina, e costituisce il punto di partenza per un nuovo traguardo nella prevenzione delle meningiti; partendo dal genoma, sarà infatti possibile giungere alla formulazione di un vaccino innovativo, che si aggiungerà a quelli già esistenti contro le meningiti batteriche''.


Sanità, la cartella clinica non è segreta Fonte: Il Nuovo
Lo dice la Cassazione: diffondere le informazioni contenute in una cartella clinica senza il consenso del paziente non costituisce reato.


ROMA - Diffondere la cartella clinica contenente le informazioni sullo stato di salute di un paziente non costituisce reato né per chi la chiede né per chi la fornisce. La cartella clinica, infatti, ''pur essendo atto attinente a notizie riservate, non costituisce un documento relativo a notizie d'ufficio segrete''. Parola di Cassazione che, con la sentenza 30150, ha respinto il ricorso del pm presso il Tribunale di Trapani che aveva chiesto la condanna per rivelazioni del segreto d'ufficio nei confronti di un incaricato del pubblico servizio dell'ospedale trapanese Sant'Antonio Abate e di un uomo che aveva da lui ottenuto la cartella clinica dell'ex moglie, ricoverata nel nosocomio per problemi psichici.

Giuseppe M. si era appunto rivolto, con successo, ad un addetto presso l'ospedale, Giuseppe S., per avere copia della cartella relativa al periodo di degenza dell' ex moglie Rita. Una
documentazione, ottenuta senza il consenso dell'interessata, ma preziosa per l'ex marito che aveva deciso di produrla nella causa civile di separazione instaurata presso il Tribunale di Marsala. Il caso è finito in Cassazione dopo che il Tribunale di Trapani aveva assolto Giuseppe S. e Giuseppe M. perché ''il fatto non è previsto dalla legge come reato''. Un'assoluzione contro la quale si è opposto in Cassazione il pm che sia per l'incaricato al pubblico servizio che per il marito ha chiesto la condanna per violazione del segreto d'ufficio (previsto dall'art. 326 c.p.)

La Terza sezione penale, però, ha respinto il ricorso del
pubblico ministero. ''La cartella clinica relativa allo stato di
salute -scrive la Terza sezione penale- pur essendo atto attinente a notizie riservate, non costituisce documento relativo a notizie d'ufficio segrete. Invero -sottolinea ancora l'Alta Corte- la cartella clinica, previo consenso dell'interessata o previa autorizzazione dell'autorità amministrativa, poteva essere rilasciata a terzi per finalità legittime previste dall'ordinamento giuridico''. In questo caso, però, non c'era stato alcun consenso. Ma per la Cassazione non sussistono comunque ''gli estremi del reato''.

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LONDRA

Scoperto gene del labbro leporino Sarà possibile intervenire sui feti


Si deve a un gruppo di scienziati americani e britannici la scoperta di un gene che determina una delle forme più gravi di labbro leporino e palatoschisi, conosciuta come sindrome di Van der Woude. Da circa dieci anni la comunità scientifica era sulle tracce di questo gene, ma il passo decisivo è stato compiuto un anno fa, con l’esame di una coppia di gemelli brasiliani, di cui uno solo affetto dalla malattia. Dal confronto dei loro cromosomi è stato possibile individuare il gene. Un portatore della sindrome di Van der Woude ha il 50% di possibilità di trasmettere il gene al figlio. I risultati dello studio potrebbero, in futuro, permettere un trattamento della malattia mentre il feto si trova ancora nell’utero materno.